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Fine Aprile.

Il caldo, come spesso fa, è sbucato improvviso e da ora, lentamente, inizierà a diventare il protagonista di molte delle nostre conversazioni.

Ieri era il 25 Aprile. Si è parlato di lapidi, nascoste o evidenti, della città di Milano; quelle che si vedono ogni tanto accanto ai portoni “Qui visse…ucciso da fuoco nemico…diede la vita..”

Guardi le date, avevano vent’anni, diciannove.

Cerchi di immaginarli sui banchi di scuola o all’università, oppure nelle officine o nei negozi con i  capelli impomatati, i gilet di lana e  i loro primi amori. Li senti fischiettare mentre, in bicicletta o a piedi, si muovono in una Milano più piccola, più povera, più alberata, più acquatica – ci sono ancora i Navigli scoperti.

Le gite fuori porta, le risa e le canzonette che accompagnano tutti e le sale da ballo che sanno di tabacco, profumo e sudore.

Poi una macchia di sangue e le loro vite diventano ricordi, ricordi distesi in corpi scomposti  oppure ordinati, come i denti di un pettine. Resta solo il silenzio che abbraccia tutto nel suo cantare l’eternità.

Mi fermo. Viale Monza. Alzo lo sguardo, conosco il portone: mio padre è nato qui.

La lapide parla di un ragazzo che anche mio padre conosceva, morto poco dopo essere rientrato da un campo di sterminio. Dall’ingresso aperto scorgo le ringhiere dei vari piani e me lo immagino mentre, fischiettando e con la sigaretta tra le dita,  scende i gradini a due a due per incontrare la “morosa”.

“Bum” Uno scoppio improvviso mi riporta al presente. Subito dopo un pianto di bimba. Mi giro e vedo una donna che, ferma accanto ad una carrozzina, si china verso una bimbetta che tiene per mano. La bambina piange con una espressione che si trasforma, poco a poco, in disperazione: con l’altra mano tiene un filo da cui pende quel che sino a poco fa era un palloncino.

 A due passi da lei un uomo dal volto sorpreso e stupito sposta lo sguardo dalla bimba al proprio braccio. Eccola lì la causa di questo piccolo dramma, la sua sigaretta.

 ”Scusa, mi spiace. Te ne compro un altro se vuoi” dice, mentre le dita si aprono e con la punta della scarpa schiaccia la colpevole.

 

da "Racconti di fumo" di Francesca Cesatihttps://www.youtube.com/watch?v=UFXSu4qKdjU

25-04-2016